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Spesso ci si trova a navigare nel complesso mondo degli investimenti, e una delle domande più ricorrenti riguarda la creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC). Molti cercano consigli personalizzati, inviando i propri portafogli nella speranza di ricevere un parere esperto. Tuttavia, fornire consulenze finanziarie specifiche senza conoscere a fondo la situazione individuale di una persona è non solo imprudente, ma anche legalmente problematico. Ogni situazione finanziaria è unica, influenzata da innumerevoli fattori come l’età, la situazione familiare, le prospettive lavorative, la tolleranza al rischio e gli obiettivi di vita. Pertanto, un consiglio valido per una persona potrebbe essere del tutto inadeguato per un’altra.
In questo contesto, l’approccio più utile non è fornire un portafoglio ’da copiare’, ma piuttosto illustrare il processo decisionale che porta alla creazione di un PAC personalizzato. Comprendere il ragionamento dietro le scelte di investimento è fondamentale per poter poi applicare principi simili alla propria situazione. Immaginiamo di analizzare il percorso che un individuo, con una specifica situazione personale e professionale, intraprenderebbe oggi, nel 2025, per creare il proprio PAC. Questo esercizio non ha lo scopo di offrire una soluzione universale, ma di mostrare come si può strutturare un pensiero critico e informato per arrivare a definire una strategia di investimento adatta alle proprie esigenze.
Per iniziare questo percorso, è indispensabile raccogliere alcuni dati fondamentali sulla propria situazione. L’età è un fattore cruciale, poiché influenza l’orizzonte temporale dell’investimento e, di conseguenza, la tolleranza al rischio. La situazione familiare (single, con partner, con figli a carico) incide sulle responsabilità finanziarie e sulla capacità di risparmio. Anche la situazione abitativa (in affitto, proprietario, con progetti di acquisto) determina potenziali esigenze di capitale future. Le prospettive lavorative, in particolare se si tratta di un impiego dipendente con garanzie o di un’attività imprenditoriale con rischio maggiore, sono determinanti per valutare il rischio complessivo e la stabilità del reddito. Infine, la capacità di risparmio mensile definisce l’importo che si può destinare regolarmente al PAC.
Un aspetto spesso sottovalutato, ma di primaria importanza, sono le implicazioni fiscali. A seconda della forma giuridica con cui si percepisce il reddito (persona fisica, azienda), le strategie di investimento più efficienti dal punto di vista fiscale possono variare enormemente. Ad esempio, per un imprenditore con una società, potrebbe essere più vantaggioso investire tramite l’azienda sfruttando regimi fiscali specifici, piuttosto che prelevare i fondi e investire come persona fisica. Questo dimostra come la struttura fiscale possa guidare le scelte di investimento e rendere alcune opzioni (come l’acquisto di azioni singole rispetto agli ETF per sfruttare particolari agevolazioni) più convenienti di altre.
La tolleranza al rischio, sia quella oggettiva (basata sulla situazione finanziaria e l’orizzonte temporale) sia quella soggettiva (legata alla propria psicologia e reazione alla volatilità dei mercati), è un altro pilastro nella definizione di un PAC. Essere giovani con un lungo orizzonte temporale permette oggettivamente di assumere un rischio maggiore, ma è altrettanto importante sentirsi a proprio agio con le fluttuazioni del mercato. Chi non si spaventa di fronte a perdite temporanee o periodi di lateralizzazione dei mercati può permettersi un’allocazione più aggressiva. Tuttavia, anche in presenza di un’alta tolleranza soggettiva, è fondamentale considerare i vincoli oggettivi, come la necessità di disporre di una parte del capitale per spese future (ad esempio, l’acquisto di una casa) entro un determinato periodo. Questo richiede una pianificazione attenta e la previsione di una possibile fase di ’derisking’ nel tempo.
Infine, prima di definire l’allocazione degli asset, è saggio pensare alla liquidità necessaria per le emergenze. Un fondo di emergenza, investito in strumenti facilmente liquidabili, fornisce una rete di sicurezza per affrontare imprevisti senza dover toccare gli investimenti a lungo termine. La dimensione di questo fondo dipende dalla propria situazione e dai potenziali imprevisti che si potrebbero verificare. Solo dopo aver definito la liquidità necessaria, si può destinare il resto del capitale all’investimento tramite il PAC. La definizione dell’allocazione tra diverse asset class (azioni, obbligazioni, oro, ecc.) rappresenta il cuore del PAC e deve essere basata su una valutazione ponderata del rischio, dell’orizzonte temporale e degli obiettivi. Questo processo, che esploreremo nei dettagli nei capitoli successivi, è fondamentale per creare un piano solido e resiliente per il 2025 e oltre.
Rischi e responsabilità
L’articolo ha il solo scopo di informare di un’opportunità che ci viene offerta dal mondo di oggi e descrive cose che gli piacciono e reputa interessanti per se stesso e poi anche per chiunque voglia buttarsi in nuove avventure. Gli investimenti sono soggetti a RISCHIO e il capitale potrebbe andare perso anche del tutto. Ognuno sia responsabile delle proprie decisioni.
La Propria Situazione Personale: Il Punto di Partenza
La creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC) efficace e personalizzato non può prescindere da un’analisi approfondita della propria situazione personale. Questo è il vero punto di partenza, un’indagine su sé stessi che va oltre la semplice disponibilità economica. L’età, ad esempio, è un fattore determinante. Un giovane di 27 anni ha un orizzonte temporale di investimento molto lungo, potenzialmente di diversi decenni. Questo significa che può permettersi di assumere un rischio maggiore, poiché ha il tempo necessario per recuperare eventuali perdite di mercato e beneficiare della crescita a lungo termine degli investimenti, in particolare quelli azionari. Al contrario, una persona più vicina alla pensione avrà un orizzonte temporale più breve e dovrà necessariamente orientarsi verso investimenti meno volatili per preservare il capitale.
La situazione familiare è un altro elemento cruciale. Essere single, avere un partner che lavora, o avere figli a carico comporta livelli di responsabilità finanziaria molto diversi. Una persona con familiari a carico potrebbe avere una minore capacità di risparmio mensile disponibile per il PAC, o potrebbe aver bisogno di una maggiore liquidità per far fronte a spese impreviste legate alla famiglia. Nel caso analizzato, l’autore è giovane, non ha familiari a carico e la sua partner lavora, il che riduce le pressioni finanziarie immediate e aumenta la flessibilità nella gestione del risparmio. La pianificazione familiare a lungo termine, come la prospettiva di avere figli tra 4-5 anni, introduce un vincolo temporale che dovrà essere considerato nella strategia di investimento, magari prevedendo la necessità di accedere a una parte del capitale in futuro.
Anche la situazione abitativa gioca un ruolo significativo. Essere in affitto con l’intenzione di acquistare casa in futuro (nel caso specifico, entro 4-5 anni) significa che una parte del capitale accumulato potrebbe essere necessaria per un acconto, le spese notarili, l’arredamento e il trasloco. Questa potenziale esigenza di liquidità a medio termine deve essere bilanciata con gli obiettivi di investimento a lungo termine. Non si vuole tenere una somma eccessiva ferma in strumenti poco redditizi in vista di questa spesa, ma allo stesso tempo bisogna assicurarsi di poter disporre della cifra necessaria quando sarà il momento. Questo richiede una strategia che permetta, se necessario, di disinvestire una parte del PAC anche in caso di mercati sfavorevoli, accettando una potenziale perdita pur di raggiungere l’obiettivo abitativo.
Infine, le prospettive lavorative sono un fattore di rischio fondamentale. Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato offre una maggiore stabilità di reddito rispetto a un’attività imprenditoriale. Nel caso in esame, l’autore ha un’azienda in crescita, il che comporta un rischio lavorativo elevato. Non ci sono garanzie di reddito fisso e la sua capacità di guadagno è strettamente legata all’andamento dell’attività e del mercato di riferimento (ad esempio, YouTube). Questo elevato rischio lavorativo deve essere compensato, almeno in parte, da un portafoglio di investimenti che non sia eccessivamente rischioso. Pur avendo un’alta tolleranza soggettiva alla volatilità, la necessità di bilanciare il rischio lavorativo impone una certa cautela nell’allocazione degli asset finanziari. Comprendere a fondo questi aspetti della propria vita è il primo, indispensabile passo per creare un PAC che sia veramente allineato alle proprie esigenze e circostanze nel 2025.
Valutare i Rischi: Lavoro e Capacità di Risparmio
Nella costruzione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC), la valutazione dei rischi non si limita esclusivamente alla volatilità dei mercati finanziari. Un aspetto cruciale da considerare è il rischio legato alla propria attività lavorativa e alla conseguente capacità di risparmio. Questi due fattori sono strettamente interconnessi e influenzano in modo significativo la struttura e la strategia del PAC. Nel caso preso in esame, l’autore gestisce un’azienda in crescita, il che, pur offrendo grandi opportunità, comporta un rischio intrinseco elevato. A differenza di un lavoratore dipendente con uno stipendio fisso e garanzie (come la malattia pagata o la disoccupazione), un imprenditore non ha entrate garantite e la sua capacità di guadagno dipende interamente dal successo della sua attività e dalle condizioni del mercato in cui opera.
Questo elevato rischio lavorativo ha un impatto diretto sulla strategia di investimento. Nell’eventualità, per quanto indesiderabile, che l’attività lavorativa subisca un grave colpo (ad esempio, un crollo del mercato di riferimento) e che, contemporaneamente, i mercati finanziari siano in crisi, la situazione finanziaria complessiva potrebbe diventare critica. Non avendo una rete di sicurezza sotto forma di stipendio fisso, la capacità di far fronte a spese impreviste o di continuare ad accumulare capitale verrebbe meno. Questo scenario impone una maggiore prudenza nella definizione del rischio complessivo del portafoglio di investimenti. Pur avendo una personale alta tolleranza alla volatilità, la necessità di bilanciare il rischio lavorativo porta a optare per un livello di rischio sugli investimenti finanziari leggermente inferiore rispetto a quanto si potrebbe fare con un lavoro più stabile. Si parla di un rischio ’9 su 10’ anziché ’10 su 10’, una sfumatura che tuttavia è fondamentale per garantire una maggiore resilienza del patrimonio complessivo.
La capacità di risparmio personale è un altro fattore da considerare. Nel caso analizzato, la capacità di risparmio mensile come persona fisica è relativamente bassa. Questo non è dovuto a difficoltà economiche, ma è una scelta strategica legata alla gestione dell’azienda. I profitti vengono preferibilmente reinvestiti nell’attività stessa per favorirne la crescita, piuttosto che essere distribuiti come reddito personale e poi investiti sui mercati finanziari come persona fisica. Questa decisione è influenzata anche dalle considerazioni fiscali, che vedremo nel prossimo capitolo. Tuttavia, il fatto che la capacità di risparmio personale sia limitata significa che l’accumulo di capitale tramite il PAC come persona fisica sarà più lento. Questo rafforza l’importanza di un’allocazione degli asset che, pur bilanciando il rischio lavorativo, sia comunque orientata alla crescita nel lungo termine per compensare la minore frequenza o entità dei versamenti.
In sintesi, la valutazione del rischio non può fermarsi all’analisi dei soli strumenti finanziari. È imperativo considerare il rischio legato alla propria fonte di reddito e la propria capacità di risparmio. Un lavoro ad alto rischio richiede un portafoglio di investimenti finanziari che, pur puntando alla crescita, offra un certo grado di protezione e stabilità. La capacità di risparmio, invece, influenza la velocità con cui si accumula capitale e, di conseguenza, l’importanza di una strategia di investimento che massimizzi il potenziale di crescita nel rispetto del proprio profilo di rischio complessivo. Questi elementi sono essenziali per creare un PAC solido e adeguato alla propria realtà nel 2025.
L’Impatto Fiscale: Investire come Persona Fisica o Azienda
Un aspetto spesso trascurato, ma di fondamentale importanza nella pianificazione finanziaria e nella creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC), è l’impatto fiscale. Le normative tributarie possono influenzare in modo significativo la convenienza di diverse strategie di investimento e la scelta degli strumenti finanziari più adatti. Nel caso specifico analizzato, la situazione fiscale è particolarmente rilevante a causa della natura dell’attività lavorativa. L’autore gestisce un’azienda strutturata come SRL (Società a Responsabilità Limitata), e questo cambia radicalmente la prospettiva sugli investimenti.
Dal punto di vista fiscale, per un’azienda come una SRL, può essere svantaggioso prelevare i profitti per poi investirli come persona fisica. Questo perché i profitti verrebbero tassati a livello aziendale e successivamente, al momento della distribuzione come dividendi al socio, verrebbero tassati nuovamente a livello personale. Questa doppia imposizione riduce la quantità di capitale effettivamente disponibile per l’investimento personale. Per questo motivo, l’autore ragiona primariamente in termini di ’azienda’ piuttosto che di ’Pietro’ (il suo nome). Il patrimonio viene accumulato a livello aziendale, e l’investimento, quando possibile e conveniente, viene effettuato direttamente dalla società.
Questa impostazione apre la porta a strategie di investimento differenti e potenzialmente più efficienti dal punto di vista fiscale. Ad esempio, l’autore menziona la possibilità di sfruttare il regime fiscale PEX (Participation Exemption), che prevede un’esenzione parziale o totale dalla tassazione per le plusvalenze derivanti dalla vendita di partecipazioni in altre società, a determinate condizioni. Questo regime rende più conveniente per l’azienda investire direttamente in azioni di singole società piuttosto che in ETF. Gli ETF, infatti, pur essendo strumenti di investimento diversificati e generalmente efficienti, potrebbero non consentire di sfruttare appieno i benefici fiscali offerti dalla PEX.
Tuttavia, per semplificare l’analisi e rendere il ragionamento applicabile anche a chi investe come persona fisica, nel testo si decide di prescindere da queste considerazioni fiscali specifiche dell’azienda e di ipotizzare di investire come persona fisica in strumenti diversificati come gli ETF. Questa semplificazione è utile per illustrare i principi generali di costruzione di un PAC, ma è fondamentale essere consapevoli che, nella realtà, la struttura fiscale personale o aziendale dovrebbe guidare in modo significativo le scelte di investimento.
Anche investendo come persona fisica tramite ETF, le considerazioni fiscali rimangono importanti. Ad esempio, la tassazione delle cedole (nel caso di ETF a distribuzione) è diversa dalla tassazione delle plusvalenze (nel caso di ETF ad accumulazione). In Italia, le cedole degli ETF sono generalmente tassate al 26%, mentre le plusvalenze derivanti dalla vendita di quote di ETF sono anch’esse tassate al 26%. Tuttavia, per gli ETF che investono prevalentemente in obbligazioni governative di paesi inclusi nella white list, la tassazione delle cedole e delle plusvalenze è ridotta al 12,5%. Questa differenza fiscale può influenzare la scelta tra ETF a distribuzione e ad accumulazione, in particolare per la componente obbligazionaria del portafoglio. Un ETF ad accumulazione, che reinveste automaticamente i proventi senza distribuire cedole, permette di posticipare il pagamento delle tasse sulle plusvalenze fino al momento della vendita delle quote, sfruttando l’interesse composto su una base imponibile maggiore.
In conclusione, l’impatto fiscale è un elemento cruciale nella definizione di un PAC. La scelta tra investire come persona fisica o tramite un’azienda, la tipologia di strumenti finanziari (azioni singole vs ETF), e la scelta tra ETF a distribuzione e ad accumulazione dovrebbero essere ponderate attentamente tenendo conto delle normative fiscali vigenti. Ignorare questo aspetto può portare a strategie di investimento meno efficienti e a un minore rendimento netto. Comprendere come la fiscalità interagisce con gli investimenti è essenziale per creare un PAC ottimizzato nel 2025.
Tolleranza al Rischio e Orizzonte Temporale: Definire il Profilo
La definizione del proprio profilo di rischio è uno dei passaggi più critici nella creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC). Questo profilo è determinato da una combinazione di fattori oggettivi, legati alla propria situazione finanziaria e al proprio orizzonte temporale, e fattori soggettivi, che riguardano la propria predisposizione personale ad affrontare le fluttuazioni dei mercati. L’orizzonte temporale di investimento, ovvero il periodo per il quale si prevede di mantenere investito il capitale, è un elemento oggettivo fondamentale. Un orizzonte lungo, tipico di un giovane investitore (come nel caso analizzato, 27 anni), consente di assorbire meglio la volatilità dei mercati azionari. Le perdite temporanee, anche significative, hanno il tempo di essere recuperate grazie alla crescita potenziale a lungo termine. Al contrario, un orizzonte temporale breve richiede un approccio più conservativo per preservare il capitale.
La tolleranza soggettiva al rischio, invece, è una questione di psicologia e comfort personale. Alcune persone si sentono a proprio agio nel vedere il valore del proprio portafoglio fluttuare anche in modo considerevole, mentre altre provano ansia e preoccupazione di fronte a perdite temporanee. Questa predisposizione influenza la capacità di mantenere la calma e rispettare la strategia di investimento anche nei momenti difficili. L’autore del testo, ad esempio, dichiara di avere un’alta tolleranza soggettiva al rischio. La volatilità non lo disturba, e non si preoccupa di vedere i mercati in perdita o lateralizzare per lunghi periodi, poiché ha studiato la storia dei mercati e sa che questi scenari sono possibili. Questa caratteristica personale gli permetterebbe, in linea teorica, di optare per un portafoglio quasi interamente azionario.
Tuttavia, la tolleranza al rischio non può essere valutata solo in base alla predisposizione personale. È fondamentale considerare anche i vincoli oggettivi. Nel caso in esame, pur avendo un’alta tolleranza soggettiva e un lungo orizzonte temporale per la maggior parte del capitale, esiste un vincolo a medio termine: la potenziale necessità di disporre di una parte del capitale entro 4-5 anni per l’acquisto di una casa. Questa esigenza futura introduce un elemento di rischio che deve essere gestito. Anche se l’autore è disposto a disinvestire una parte del capitale anche in perdita se i mercati fossero giù in quel momento, la presenza di questo obiettivo a medio termine suggerisce la necessità di un portafoglio non eccessivamente aggressivo per quella specifica porzione di capitale, o comunque di una strategia che preveda una graduale riduzione del rischio con l’avvicinarsi della scadenza.
Inoltre, come già accennato, il rischio lavorativo (elevato nel caso di un’attività imprenditoriale) agisce come un fattore di rischio complessivo che deve essere bilanciato dal portafoglio finanziario. Un alto rischio su un fronte (lavoro) suggerisce una maggiore prudenza sull’altro (investimenti finanziari) per evitare di concentrare troppa incertezza. Pertanto, la definizione del profilo di rischio non è semplicemente una questione di quanto rischio sono disposto ad accettare, ma piuttosto di quanto rischio posso oggettivamente permettermi di prendere, considerando tutti i fattori, e quanto rischio mi fa sentire a mio agio.
La combinazione di orizzonte temporale, tolleranza soggettiva e vincoli oggettivi (come esigenze di capitale future e rischio lavorativo) porta alla definizione di un livello di rischio adeguato per il PAC. Questo livello si traduce poi nell’allocazione degli asset tra classi più o meno rischiose (azioni, obbligazioni, ecc.). Nel caso analizzato, la combinazione di un lungo orizzonte temporale (per la maggior parte del capitale), un’alta tolleranza soggettiva, ma anche un elevato rischio lavorativo e un vincolo a medio termine, porta a un’allocazione che, pur essendo orientata alla crescita, include una componente significativa di asset meno volatili. Definire correttamente il proprio profilo di rischio è il fondamento per creare un PAC che sia sostenibile e allineato ai propri obiettivi nel 2025.
La Gestione della Liquidità: Fondo di Emergenza
Prima ancora di pensare a come investire il capitale nel lungo termine attraverso un Piano di Accumulo Capitale (PAC), è fondamentale affrontare il tema della liquidità e della gestione delle emergenze. La creazione di un fondo di emergenza è un passo preliminare indispensabile in qualsiasi pianificazione finanziaria. Questo fondo rappresenta una riserva di denaro facilmente accessibile, destinata a coprire spese impreviste senza dover intaccare gli investimenti a lungo termine, che potrebbero trovarsi in perdita nel momento del bisogno. La dimensione ideale del fondo di emergenza varia da persona a persona e dipende dalla propria situazione specifica e dai potenziali imprevisti che si potrebbero verificare.
Nel caso analizzato, l’autore valuta le potenziali emergenze che potrebbero verificarsi nella sua vita. Queste sono relativamente poche e di entità limitata, come un guasto all’automobile (che ha un costo contenuto) o la rottura di un elettrodomestico. Anche un’eventuale inabilità temporanea al lavoro, come essere ingessato per un mese, comporterebbe spese aggiuntive (ad esempio, per pagare qualcuno che svolga le faccende domestiche), ma non tali da richiedere una riserva enorme. Sul fronte lavorativo, il fondo di emergenza ha un’utilità limitata per un imprenditore. Se l’attività subisce un colpo grave e prolungato, la mancanza di entrate fisse rende un piccolo fondo di emergenza insufficiente a coprire le necessità per un lungo periodo. In questo scenario, il problema è strutturale e richiede soluzioni diverse dalla semplice liquidità.
Pertanto, nel caso specifico, si ritiene che una cifra relativamente piccola sia sufficiente per il fondo di emergenza. Una stima ’spannometrica’ suggerisce una somma non superiore a 6-7.000 euro. Questa cifra è considerata ampia per coprire le emergenze più probabili e gestibili. La caratteristica fondamentale di questo fondo è l’alta liquidità degli strumenti in cui è investito. I soldi devono essere accessibili ’sempre, comunque e anche molto in fretta’. Questo esclude investimenti a lungo termine o strumenti con vincoli di prelievo. Strumenti come conti deposito svincolabili, conti correnti remunerati o fondi monetari a bassissimo rischio sono opzioni adatte per un fondo di emergenza.
Una volta definita la cifra necessaria per il fondo di emergenza e messi da parte i relativi fondi in strumenti liquidi, il resto del capitale disponibile può essere destinato agli investimenti a lungo termine tramite il PAC. Questa distinzione è cruciale. Il fondo di emergenza non è un investimento destinato a crescere, ma una protezione. Il PAC, al contrario, ha l’obiettivo di far crescere il capitale nel tempo per raggiungere obiettivi finanziari a lungo termine, come la pensione o l’acquisto di beni importanti.
La gestione della liquidità e la creazione di un fondo di emergenza sono passaggi spesso sottovalutati, ma rappresentano la base di una pianificazione finanziaria solida. Affrontare prima le potenziali emergenze permette di investire il restante capitale con maggiore serenità, sapendo di avere una rete di sicurezza per gli imprevisti della vita. Solo dopo aver messo in sicurezza la propria liquidità si può procedere a definire l’allocazione degli asset per il PAC, concentrandosi sugli obiettivi di crescita a lungo termine. Questo approccio metodico è essenziale per creare un PAC robusto e funzionale nel 2025.
L’Allocazione degli Asset: Azioni, Obbligazioni e Oro
Una volta definiti la propria situazione personale, il profilo di rischio e la liquidità necessaria per le emergenze, il passo successivo nella creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC) è determinare l’allocazione degli asset. Questa decisione, ovvero come suddividere il capitale tra diverse classi di investimento come azioni, obbligazioni e materie prime (nel caso specifico, oro), è cruciale in quanto influisce direttamente sul potenziale rendimento e sul livello di rischio del portafoglio. L’allocazione deve riflettere il profilo di rischio definito in precedenza, bilanciando la ricerca di crescita con la necessità di protezione dalla volatilità.
Nel caso analizzato, l’allocazione scelta per iniziare è la seguente: 70% azioni, 20% obbligazioni e 10% oro. Questa ripartizione è una variante di un classico portafoglio bilanciato, spesso definito ’80/20’ se si considerano solo azioni e obbligazioni. La scelta di una componente azionaria preponderante (70%) riflette l’orizzonte temporale di investimento a lungo termine dell’autore e la sua alta tolleranza soggettiva alla volatilità, che permettono di puntare alla crescita offerta dal mercato azionario nel lungo periodo.
La componente obbligazionaria (20%) serve principalmente come cuscinetto per ridurre la volatilità complessiva del portafoglio. Le obbligazioni, in generale, tendono ad avere una minore volatilità rispetto alle azioni e possono offrire una certa stabilità, soprattutto in periodi di crisi dei mercati azionari. L’inclusione di una quota di obbligazioni, pur riducendo leggermente il potenziale di rendimento rispetto a un portafoglio 100% azionario, contribuisce a limitare i drawdown massimi (le perdite più significative) e a ridurre il tempo necessario per recuperare eventuali perdite. L’autore cita backtest storici che mostrano come un portafoglio 80/20 (azioni/obbligazioni) abbia ottenuto rendimenti simili a un portafoglio 100% azionario, ma con drawdown massimi inferiori.
L’aggiunta di una quota di oro (10%) ha lo scopo di migliorare ulteriormente la resilienza del portafoglio. Storicamente, l’oro ha spesso dimostrato una correlazione inversa o bassa con le azioni e le obbligazioni, comportandosi come un bene rifugio in periodi di incertezza economica o crisi finanziaria. L’oro può quindi contribuire a proteggere il portafoglio nei momenti di maggiore turbolenza dei mercati. L’autore fa riferimento a backtest che evidenziano come l’inclusione dell’oro, pur riducendo leggermente i rendimenti complessivi, diminuisca significativamente il tempo necessario per recuperare una perdita, passando da 62 mesi (circa 5 anni) a 38 mesi (circa 3 anni). Questa capacità di accorciare i periodi di recupero è un beneficio tangibile per l’investitore.
È importante sottolineare che questa allocazione è pensata per un orizzonte temporale specifico e per un determinato profilo di rischio. L’autore prevede di mantenere questa allocazione (70/20/10) fino a circa 50-55 anni. Con l’avvicinarsi dell’età pensionabile, l’allocazione dovrà essere gradualmente modificata per ridurre il rischio (fase di ’derisking’). Le percentuali di azioni verranno diminuite a favore delle obbligazioni, mantenendo l’oro come componente di protezione. Questa progressione logica nel tempo è fondamentale per adattare il portafoglio alle esigenze e all’orizzonte temporale che si riduce.
La scelta di includere oro e obbligazioni, pur avendo un profilo giovane e con un lungo orizzonte temporale, è motivata dalla necessità di bilanciare l’elevato rischio lavorativo e di avere un cuscinetto contro la volatilità. Questa allocazione non è una formula magica universale, ma il risultato di un ragionamento ponderato basato sulla situazione specifica. Definire l’allocazione degli asset è il cuore del processo per creare un PAC che sia in grado di affrontare le sfide dei mercati nel 2025 e negli anni a venire.
Dettaglio dell’Allocazione: Scelta degli ETF
Una volta definita l’allocazione generale tra azioni, obbligazioni e oro, il passo successivo nella creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC) è scendere nel dettaglio e scegliere gli strumenti finanziari specifici per implementare tale allocazione. Nel caso analizzato, l’autore opta per gli ETF (Exchange Traded Funds), strumenti diversificati e generalmente efficienti in termini di costi, ideali per un PAC. La suddivisione del 70% destinato alle azioni viene ulteriormente dettagliata. Il 55% del portafoglio totale (che corrisponde a circa il 78.5% della componente azionaria) viene allocato in azioni di paesi sviluppati, replicando un classico indice globale come l’MSCI World. La scelta di un ETF su questo indice è motivata dalla sua ampia diversificazione geografica (sebbene con una forte preponderanza degli Stati Uniti, circa il 75%, seguita da Europa, Giappone, Canada e altri) e dal suo basso costo (TER - Total Expense Ratio). L’autore ritiene che il grosso dei rendimenti nei prossimi anni continuerà a provenire dagli Stati Uniti, giustificando così questa forte esposizione.
Il restante 15% del portafoglio totale (circa il 21.5% della componente azionaria) viene destinato alle azioni dei mercati emergenti asiatici, con un focus particolare su Cina e India. Questa è una scelta attiva e arbitraria, non basata su dati storici o backtest, ma sulla convinzione personale dell’autore che queste aree geografiche, in particolare Cina e India, abbiano un grande potenziale di crescita nei prossimi 20-30 anni. Viene citato un ETF specifico che offre un’esposizione significativa a questi mercati (33% Cina, 23% India, 21% Taiwan, con Taiwan rappresentata principalmente dall’azienda TSM). L’autore è consapevole che si tratta di una scommessa e che potrebbe sbagliarsi, ed è per questo che la diversificazione rimane fondamentale. Sottolinea l’importanza di essere consapevoli delle decisioni attive che si prendono e di essere disposti a rivederle nel tempo se i risultati non sono in linea con le aspettative.
Passando alla componente obbligazionaria (20% del portafoglio totale), questa viene suddivisa equamente: 10% in obbligazioni governative e 10% in corporate bond high yield. Per le obbligazioni governative, la preferenza va a quelle quotate in euro, con un’esposizione geografica simile a quella azionaria (principalmente Stati Uniti, Giappone ed Europa). L’obiettivo di questa parte del portafoglio non è tanto il rendimento, quanto la riduzione della volatilità complessiva. Viene menzionato un ETF specifico, pur notando che si tratta di un ETF a distribuzione, il che comporta il pagamento di tasse sulle cedole (12,5% per i paesi whitelist).
Per completare la parte obbligazionaria, il restante 10% è investito in corporate bond high yield. Questi titoli obbligazionari emessi da aziende con rating inferiore (alto rendimento, ma anche maggior rischio rispetto ai bond governativi) offrono un potenziale di rendimento maggiore rispetto alle obbligazioni governative, pur mantenendo una volatilità inferiore rispetto alle azioni. Per questa componente, si preferisce un ETF ad accumulazione e con rischio cambio coperto, in quanto la tassazione sulle cedole sarebbe del 26%, rendendo l’accumulazione fiscalmente più efficiente. Viene citato un ETF di Xtrackers come esempio.
Infine, il 10% destinato all’oro viene implementato tramite un ETC (Exchange Traded Commodity) supportato da oro fisico. Questo strumento è scelto per il suo basso costo (TER) e per essere fisicamente replicato, offrendo la protezione desiderata contro l’incertezza dei mercati. La scelta di strumenti specifici, come gli ETF e gli ETC menzionati, è fondamentale per tradurre l’allocazione teorica in un portafoglio concreto. È importante valutare attentamente le caratteristiche di ciascuno strumento (costi, replica, distribuzione/accumulazione) per assicurarsi che siano in linea con la propria strategia e il proprio profilo fiscale. La selezione accurata degli strumenti è un passaggio chiave per creare un PAC efficiente nel 2025.
Strategia di Accumulo e Ribilanciamento
Una volta definita l’allocazione degli asset e scelti gli strumenti finanziari (ETF ed ETC) per implementarla, è essenziale stabilire una strategia di accumulo e un piano per il ribilanciamento del portafoglio. La strategia di accumulo riguarda il modo in cui si effettuano i versamenti periodici nel PAC. Le opzioni più comuni sono il Dollar Cost Averaging (DCA) e il Value Averaging. Il DCA consiste nell’investire un importo fisso a intervalli regolari (ad esempio, ogni mese), indipendentemente dall’andamento dei mercati. Questo approccio permette di mediare il prezzo di acquisto nel tempo, acquistando più quote quando i prezzi sono bassi e meno quote quando i prezzi sono alti.
Il Value Averaging, invece, mira a far crescere il valore del portafoglio di un importo fisso a intervalli regolari. Questo significa che l’importo investito ogni mese varia: si investirà di più se il mercato è sceso (per raggiungere il valore target) e di meno (o addirittura si venderà) se il mercato è salito molto. L’autore esprime una preferenza teorica per il Value Averaging, ritenendolo potenzialmente più efficiente, ma riconosce che la sua implementazione pratica è complessa con i broker attuali, soprattutto in assenza di acquisti frazionati automatizzati. Pertanto, nella pratica, si orienta verso il classico Dollar Cost Averaging.
Il DCA è considerato vantaggioso con i broker moderni che offrono la possibilità di acquistare quote frazionate. Questo permette di investire esattamente l’importo desiderato ogni mese, anche se il costo di una singola quota dell’ETF è elevato. Senza le quote frazionate, si potrebbe essere costretti ad accumulare liquidità per diversi mesi prima di poter acquistare una o più quote intere, perdendo l’opportunità di investire regolarmente e mediare il prezzo. La possibilità di impostare piani d’accumulo gratuiti offerta da alcuni broker rende il DCA un’opzione particolarmente conveniente e accessibile.
Il ribilanciamento è un’altra componente fondamentale della strategia di gestione del PAC. Con il passare del tempo, a causa dell’andamento differenziato delle diverse asset class, l’allocazione del portafoglio tenderà a discostarsi dall’obiettivo prefissato (nel caso in esame, 70% azioni, 20% obbligazioni, 10% oro). Ad esempio, se le azioni crescono più velocemente delle obbligazioni, la percentuale di azioni nel portafoglio supererà il 70%, mentre quella delle obbligazioni scenderà al di sotto del 20%. Il ribilanciamento consiste nel riportare l’allocazione alle percentuali target, vendendo le asset class che sono cresciute di più e acquistando quelle che sono rimaste indietro.
Tuttavia, in Italia, la vendita di ETF comporta il pagamento di tasse sulle eventuali plusvalenze realizzate. Per evitare di pagare tasse inutilmente e mantenere l’efficienza fiscale, l’autore propone una strategia di ribilanciamento basata sui flussi di investimento futuri. Invece di vendere le asset class in eccesso, si sospendono temporaneamente gli acquisti (i versamenti mensili del PAC) su quelle asset class e si concentrano i nuovi investimenti su quelle asset class che sono sottoallocate rispetto all’obiettivo. Questo processo continua fino a quando l’allocazione non rientra nel range desiderato. Solo a quel punto si riprende ad accumulare secondo l’allocazione originale. Questo approccio permette di ribilanciare il portafoglio sfruttando i nuovi versamenti, minimizzando o evitando del tutto le vendite e, di conseguenza, il pagamento immediato delle tasse sulle plusvalenze.
La frequenza del ribilanciamento può variare. L’autore suggerisce di controllare l’allocazione a inizio anno o anche ogni due anni. L’importante è avere un piano e seguirlo con disciplina. La strategia di accumulo (DCA) e il piano di ribilanciamento sono elementi cruciali per mantenere il PAC in linea con gli obiettivi di lungo termine e gestire in modo efficiente le fluttuazioni del mercato e le implicazioni fiscali. Definire e seguire queste strategie è indispensabile per creare un PAC efficace nel 2025.
La Scelta del Broker: Strumenti e Costi
L’ultimo, ma non meno importante, passaggio nella creazione di un Piano di Accumulo Capitale (PAC) è la scelta del broker tramite cui effettuare gli investimenti. Il broker è l’intermediario che consente di acquistare e vendere gli strumenti finanziari (ETF, ETC, azioni, ecc.). La scelta del broker giusto è fondamentale perché influisce sui costi di investimento, sulla disponibilità degli strumenti desiderati e sulla facilità di gestione del PAC. Nel contesto della creazione di un PAC nel 2025, è importante valutare diversi fattori.
Uno dei criteri principali è la disponibilità degli strumenti finanziari che compongono l’allocazione desiderata. Nel caso analizzato, l’autore ha selezionato specifici ETF ed ETC (su indici globali, mercati emergenti asiatici, obbligazioni governative, corporate bond high yield e oro). È quindi essenziale che il broker scelto offra la possibilità di negoziare questi strumenti. Un broker con un’ampia offerta di ETF ed ETC garantisce maggiore flessibilità nella costruzione e gestione del portafoglio.
Un altro fattore critico sono i costi. I costi di investimento possono erodere significativamente i rendimenti nel lungo termine. I costi principali da considerare sono le commissioni di acquisto e vendita degli strumenti finanziari e i costi di gestione del conto o del PAC. Molti broker offrono piani d’accumulo gratuiti su una selezione di ETF, il che è un grande vantaggio per chi intende investire regolarmente tramite DCA. Alcuni broker offrono anche la possibilità di acquistare determinati ETF senza commissioni di negoziazione (’ETF Prime’ o simili), il che è utile sia per i versamenti periodici che per eventuali acquisti singoli. La possibilità di effettuare acquisti frazionati, già menzionata come importante per il DCA, è un’altra caratteristica da ricercare in un broker.
Nel testo, l’autore indica che, se dovesse iniziare oggi, sceglierebbe senza dubbio Scalable come broker. Questa scelta è motivata da diversi fattori. Innanzitutto, Scalable offre tutti gli ETF e gli ETC menzionati nella sua allocazione ideale, oltre a una vasta gamma di altri strumenti. In secondo luogo, Scalable permette di impostare piani d’accumulo completamente gratuiti su questi ETF. Inoltre, molti degli ETF selezionati rientrano nella categoria degli ’ETF Prime’, che possono essere acquistati senza commissioni di negoziazione, sia tramite PAC che con acquisti singoli. Questa combinazione di ampia offerta di strumenti, piani d’accumulo gratuiti e acquisti senza commissioni su ETF selezionati rende Scalable una scelta conveniente per la gestione di un PAC.
La facilità d’uso della piattaforma del broker è un altro aspetto da considerare, anche se meno critico dei costi e della disponibilità degli strumenti. Una piattaforma intuitiva e funzionale semplifica la gestione del portafoglio, il monitoraggio delle performance e l’effettuazione delle operazioni.
In sintesi, la scelta del broker è un passaggio fondamentale per implementare efficacemente la propria strategia di PAC. È importante valutare attentamente la disponibilità degli strumenti desiderati, i costi di negoziazione e gestione, la possibilità di effettuare acquisti frazionati e la presenza di piani d’accumulo gratuiti. La scelta di un broker che soddisfi queste esigenze contribuisce a rendere il processo di investimento più efficiente e conveniente nel lungo termine. Un broker come quello menzionato, che offre le caratteristiche desiderate, è uno strumento prezioso per creare un PAC di successo nel 2025.
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Rischi e responsabilità
L’articolo ha il solo scopo di informare di un’opportunità che ci viene offerta dal mondo di oggi e descrive cose che gli piacciono e reputa interessanti per se stesso e poi anche per chiunque voglia buttarsi in nuove avventure. Gli investimenti sono soggetti a RISCHIO e il capitale potrebbe andare perso anche del tutto. Ognuno sia responsabile delle proprie decisioni.
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